25 febbraio 2022

Itanglese e falsi anglicismi

Cari lettori,

circa un anno fa, guardai una presentazione (From Bello to Biutiful, Annamaria Testa, Tedx Milano, 18 Aprile 2015) molto interessante sulla lingua italiana, o meglio sull'uso di parole inglesi nella lingua italiana, per essere più precisi, sull'itanglese. L'argomento principale era l'insensato uso del vocabolario inglese nella vita italiana di tutti i giorni quando parole italiane possono essere utilizzate al loro posto.

Prima di procedere, però, vorrei spiegare la differenza fra l'uso di parole provenienti da altre lingue che ormai da tempo fanno parte del nostro vocabolario (ad esempio, il computer) e l'uso invece inappropriato, sbagliato e, per di più, arrogante, di parole straniere per cui esiste da sempre una traduzione nella nostra lingua. Perché arrogante? Bè, perché non solo la parola o l'espressione viene spesso usata in modo completamente sbagliato rispetto al significato originale, ma anche perché le persone che parlano itanglese sono di solito proprio quelle che non sono capaci di parlare in inglese. 

Facciamo un paio di esempi e cominciamo con una parola che si trova esattamente fra le due categorie che ho descritto nel paragrafo precendente, cioè è si un vocabolo che viene usato da ormai molto tempo nella lingua italiana ma che però può essere tradotta in diversi modi: meeting. La domanda sorge spontanea: perché dovrei usare la parola inglese quando ci sono già parole italiane che possono essere utilizzate? Tenteremo di dare una risposta a questa domanda più tardi. Diamo prima un'occhiata ad altri esempi.

Ecco alcune delle le parole inglesi più usate senza una buona ragione dagli italiani quando parlano italiano: concept, advertising, copyright, deal, authority, display, location, manager, trend, happening, outfit e molte altre. In tutti questi casi, si può benissimo utilizzare un vocabolo italiano per dire esattamente la stessa cosa. Allo stesso tempo, questa tendenza può essere, sebbene in forma molto ridotta, osservata in altri paesi europei: qui in Germania, ad esempio, ogni tanto mi capita di sentire parole inglesi che vengono usate invece dei correspettivi vocaboli tedeschi.

Poi entriamo invece nell'assurdo quando si inventano parole inglesi o straniere che non esistono o si assegna un nuovo significato ad una parola inglese o straniera, ma solo su territorio italiano. Questo succede anche nei più alti livelli della società: in una recente legge del governo, il telelavoro viene definito "smart working", prendendo due parole inglesi e mettendole insieme, quando invece una persona di lingua inglese non userebbe mai quell'espressione per esprimere quel concetto. 

Situazione alquanto diversa per il cosiddetto "Homeoffice" in tedesco: questa espressione viene molto usata dai mezzi di comunicazione in Germania per definire il telelavoro, riprendendo la stessa espressione inglese "home office" che viene definita dal dizionario Macmillan come "una stanza con un telefono, computer, etc. in cui si può lavorare da casa". Tuttavia non deve essere confusa con "The Home Office", il ministero dell'Interno inglese. In Germania, però, la cosa è molto più complicata perché secondo alcune leggi tedesche sull'argomento del telelavoro, ci sono espressioni diverse che definiscono realtà diverse. Qui all'università di Nordhausen, ad esempio, ci sono due espressioni (in lingua tedesca, ovviamente) che vengono usate per definire due modalità di lavoro: Mobile Arbeit e Telearbeit. Mobil e Tele sono due aggettivi della lingua tedesca da sempre. 

Torniamo in Italia e vediamo un pò quale altre espressioni sono state "inventate": il "day hospital" è un giorno passato all'ospedale per fare dei test e delle analisi senza doverci rimanere per la notte. In Wikipedia viene definito come "una modalità organizzativa di assistenza ospedaliera". In inglese, invece, è tutta un altra cosa: il"day hospital" è il luogo dove ci si reca per prendere parte a delle terapie che possono essere fatte durante il giorno. Come potete osservare, oltre al significato, l'altra differenza principale è l'ordine delle parole nella frase: mentre in italiano, la parola principale è "day" (quindi "DAY hospital"), in inglese si parla di un luogo (di conseguenza, "day HOSPITAL"). In inglese, infatti, "day" viene usato come aggettivo e posto prima del sostantivo. In sostanza, se un inglese volesse esprimere il significato dell'espressione italiana dovrebbe dire "hospital day".

Cos'è un "camper"? Bè, la parola originale inglese vuol dire un campeggiatore, una persona che ama andare in campeggio. Invece, in italiano viene usata per definire il veicolo usato dal campeggiatore. Tale veicolo in inglese viene chiamato "motor home", "camper van" oppure "recreational vehicle" (RV). Simile al camper, altra parola che si può usare in italiano è la roulotte, anche questa non italiana e con un diverso significato in francese: carro trainato da cavalli. Secondo Wikipedia, viene usata con il significato di caravan anche in Canada.

E che mi dite invece di "footing"? Bè, in inglese vuol dire punto d'appoggio, equilibrio. Invece, la giusta traduzione in inglese, o meglio la parola che si potrebbe utilizzare (e spesso lo si fa) in italiano, è jogging.

Poi abbiamo il "lifting", l'operazione di chirurgia plastica per eliminare le rughe sul viso. In inglese la stessa parola vuol dire "sollevando", il gerundio del verbo "lift". La parola corretta in inglese è "facelift".

E il "water"? Penso che tutti sapete cosa significa la stessa parola in inglese. Voi direte: bè, è la w di WC (water closet). Si, ma il significato è diverso: il WC è la stanza con i servizi igienici. Invece, la parola corretta che stiamo cercando è "toilet".

Poi abbiamo lo "smoking", ovvero, in inglese corretto, tuxedo o dinner jacket. La parola "italiana" deriva probabilmente dalla "smoking jacket", che però era "una veste da camera indossata dagli uomini nelle stanze per fumatori, con lo scopo di preservare l'abito dall'odore del tabacco" (Wikipedia), praticamente, una vestaglia per proteggere le loro giacche.

Un'altra parola che molti credono provenga dalla lingua inglese è fon, l'asciugacapelli, in inglese, "hairdryer". In realtà, viene dalla parola tedesca Föhn, (un vento caldo, che in italiano viene chiamato "favonio").

Ecco una lista di altre parole straniere "inventate": mister (in inglese, "football coach"), playback (in inglese, "lip sync"), bomber (in inglese, "striker", "top goal-scorer"), autogrill (in inglese, "motorway café", "service station" oppure "rest area"), spot (in inglese, "TV commercial") e molte altre.

Naturalmente, questo non avviene solo in Italia: tale comportamento linguistico può essere osservato anche in molti altri paesi, ma in Italia è particolarmente comune. Perché decidiamo di usare parole che provengono da altre lingue (molto spesso con significato e/o ortografia diverse) invece di usare i vocaboli della nostra lingua madre? Forse perché vogliamo dare l'impressione (ma solo l'impressione) che conosciamo parole straniere? O forse è un modo di arricchire la nostra lingua, sebbene con parole che in fondo non esistono veramente? D'altronde, perché usare una parola quando ne esiste già un'altra? Ad esempio, se proprio non vogliamo utilizzare la parola "tazza", allora possiamo usare "toilet", ma perché abbiamo scelto la parola "water" (pronunciata però all'italiana, "vater")? Forse la persona che ha iniziato questa assurda tradizione linguistica ha solo provato a leggere l'espressione WC (water closet) e pensava che volesse dire "tazza" e poi è stata accorciata a "water".

Un'altra ragione potrebbe essere la comodità di usare una parola breve e facile da ricordare invece di una lunga e complessa, ma non è sempre così: il vocabolo "allenatore" è si più lungo di "mister" ma non la definirei una parola difficile. In altri casi, invece, bisognerebbe creare una nuova espressione: non esiste, infatti, una parola semplice di origine italiana per dire "camper". Ci sono addirittura parole, come "playback", dove non esiste una traduzione ma solo una definizione o spegazione. Infatti, "lip sync" in inglese non è esattamente la stessa cosa. Quest'ultima si riferisce al cantare, ma che dire del musicista che fa finta di suonare? Ecco, una buona occasione per inventare una nuova parola in inglese: fake playing? No, eccola, l'ho trovata: "finger sync", Macmillan Dictionary, con la seguente definizione: "to pretend to play a musical instrument at the same time as a recording of music is played".

Potremmo andare avanti per ore, ma voglio fermarmi qui. Sono sicuro che ci sono già tesi di laurea su questo argomento. Voglio lasciarvi con un pensiero conclusivo importante: mi auguro che ci siamo molte persone fra di voi che invece di cadere nel banale e usare parole inglesi o falsi anglicismi, preferiscano utilizzare, qualora sia possibile, espressioni o parole della nostra lingua madre, una bellissima lingua, molto complessa e ricca di vocaboli, espressioni e strutture che altre lingue non hanno. Forse sarebbe anche il caso di coniare nuove parole per sostituire alcuni di questi falsi anglicismi. A questo punto, colgo l'occasione per creare una nuova parola (o meglio, un nuovo significato di una parola già esistente) per sostituire il vocabolo "camper": l'abitabile? Mah... forse funziona. Provateci un pò.

Andrew Pecchia

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